Quando il sociale entra nel cinema... "Roma" di Alfonso Cuarón


Benché la consegna dei premi dei Golden Globe avverrà ancora il prossimo 6 gennaio 2019, siamo entrati ormai nel vivo di ciò che sarà premiato nel cinema mondiale, con l'importanza che questo comporta per l'industria del cinema e il significato sociale che può spingere a riflettere come messaggio nei media.

Sono tante le proposte ma dopo scoprire che il tema sulla questione razziale sta presente in più di uno, ci fermiamo sul film "Roma" di Alfonso Cuarón (Messicano), film che ha 3 nomination di peso: miglior regia, sceneggiatura e film straniero (perché in lingua spagnola). Vincitore del Leone d’oro alla 75a Mostra del Cinema di Venezia e ha ricevuto il premio cattolico Signis.
La pellicola racconta il Messico di inizio anni ’70 attraverso gli occhi di una tata presso una famiglia borghese, quella del regista Cuarón; un potente e poetico affresco sociale, familiare.

"Siamo sole. Non importa quello che dicono, saremo sempre sole", dice Sofia a Cleo nel film. Colpisce molto la capacità di Cuarón di entrare nel mondo femminile: il coraggio costretto dalle circostanze, dalla sofferenza immeritata e dal vuoto. Come film riesce a trasmettere una realtà da tempo chiusa dentro molte case e famiglie.


La vita quotidiana di una lavoratrice domestica in Città del Messico, nel film un paio di ragazze di discendenza indigena che, durante la decade degli anni '70, lavorano per una famiglia borghese nel quartiere Roma della capitale messicana. Da lì, entrambi affronteranno nel migliore dei modi un periodo segnato dai cambiamenti politici e sociali del paese, dai problemi domestici della famiglia per cui lavorano.

Nella realtà messicana (e latinoamericana) la possibilità di organizzare la famiglia con un aiuto domestico da parte di una donna indigena era molto frequente, ma non il tratto che loro hanno ricevuto e per moltissimi anni sono rimasti al oscuro. Su questa situazione, il regista Cuarón aveva detto in una intervista: "Fa parte di questa relazione perversa che la borghesia ha con i lavoratori domestici. Lavano, cucinano, fanno la spessa al mercato. Ma oltre a lavorare sodo, che sarebbe la definizione del loro lavoro, coprono i ruoli che dovrebbero essere svolti dai genitori: Svegliano i bambini, danno loro la colazione, li mettono a letto, vanno a prenderli a scuola. Quella presenza è anche bella. Ma perché era necessario? Semplicemente perché c'è un'assenza dei genitori."

Sembra che il problema della famiglia continua, e non solo in Messico.

Carlos Espinoza