Il Segretario di Stato inaugura a Bologna l’Anno accademico della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna: «Sul fronte migranti la Chiesa ha fatto e fa il suo dovere»
L’accordo tra la Santa Sede e la Cina sulle nomine dei vescovi è «un atto di fede». Lo ha detto il cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, nella sua prolusione a Bologna per l’inaugurazione dell’Anno accademico della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna. «Come ci si è arrivati è una conquista della fede: umanamente sembrava che non ci fossero molte possibilità», ha affermato il porporato nel suo intervento al seminario Arcivescovile bolognese. «Ora - ha argomentato - lo scopo è evitare che ci siano vescovi non in comunione con la Santa Sede. Speriamo che questo accordo funzioni e ci sia buona volontà da parte cinese, da parte nostra c’è, per dare esecuzione ai provvedimenti che sono stati previsti. Non è facile avendo alle spalle anni complessi ma il cammino che abbiamo fatto insieme ha generato più fiducia tra le parti anche se è difficile svestire una mentalità».
Il cardinale ha toccato anche la questione migranti, ribadendo l’invito all’accoglienza: «La Chiesa non si è esposta troppo. Alcuni leader politici riconoscono che la posizione della Chiesa e del Santo Padre siano giuste: la Chiesa ha fatto e fa il suo dovere», se non lo facesse, «verrebbe meno il nostro compito di annunciare il Vangelo». Quanto alla distanza sul tema con l’opinione pubblica italiana, ha commentato: «Non saprei come colmare questa distanza. La Chiesa non può rinunciare al suo messaggio, forse bisognerebbe aiutare alle persone a ragionare, affrontando questo tema non solo con la paura».
Il “primo ministro” vaticano non ha mancato di esprimere la preoccupazione per l’assenza di una presenza cattolica in politica: «Il mondo è molto cambiato e un ritorno al passato non lo vedo possibile, ma penso che i cattolici abbiano un contributo importante da portare nella società, in vari campi, anche in politica. Il fatto che la loro voce si sia fatta flebile, quasi inudibile, questo ci preoccupa». «I cattolici - ha aggiunto - dovrebbero unirsi e far sentire la loro voce su temi fondamentali. Forse ci vorrebbero nuove forme di presenza da trovare anche con un po’ di creatività».
Riflettendo poi sul tema del suo intervento - “Il prete di oggi e di domani. Annuncio, appartenenza, accompagnamento e ascolto” - il porporato veneto ha sottolineato che nell’attività pastorale sarebbe bene che nelle parrocchie cresca «la condivisione» e sarebbe bene anche «limitare eccessi di protagonismo» dando spazio invece all’«annuncio del Vangelo», perché «l’esercizio dell’arte di accompagnamento attraverso la cura e l’ascolto dei fedeli restano i tratti fondamentali del prete di oggi e di domani».
Rivolgendosi in particolare ai numerosi giovani seminaristi presenti in platea, Parolin ha invitato «a tenere una visione serena sui preti e alzare lo sguardo per la gioia del sacerdozio», essere quindi «preti che svolgono con costanza e generoso impegno la loro missione, a volte in situazioni non facili».
Quella che il prete si trova a vivere oggi, ha sottolineato, è una «realtà dinamica, in movimento. Sarebbe un errore guardare al prete con la lente di una nostalgica fuga all’indietro, rimpiangendo il prete di una volta. Oggi c’è più che mai bisogno di una figura che sappia rispondere con saggezza alle domande» che vengono poste da una «società complessa». La figura necessaria nel tempo odierno è quella del «prete chiamato a uscire dalle sue certezze precostituite». Un prete che è «pastore» e «discepolo»: un discepolo «pienamente umano» che è «chiamato ad assumere i tratti di Cristo» come la «mitezza, l’umiltà, l’attenzione ai bisogni degli altri, la prossimità».
A giudizio del Segretario di Stato, «il mondo ha bisogno di pastori umani, autenticamente liberi che sappiano vivere relazioni interpersonali pacifiche. Un uomo di pace e di riconciliazione segno della tenerezza di Dio. Abbiamo bisogno di mediatori che si fanno vicini alla gente», ha rimarcato.
Concentrando il focus sulle nuove generazioni, alla luce anche della recente assemblea sinodale a loro dedicata, Parolin ha affermato che quella dei giovani non è «una generazione perduta: i giovani sono aperti alla vita e cercano risposte, hanno bisogno di essere ascoltati. I preti ma anche i laici devono mettersi in loro ascolto». Oltre all’ascolto serve anche l’«accompagnamento»: ragazzi e ragazze «devono sentire una Chiesa vicina, accogliente ma che dia indicazioni, perché la Chiesa non è solo madre ma anche maestra».
(vatican insider)