La Santa Sede: sulle “questioni cinesi” c’è chi alimenta confusione
Una dichiarazione del direttore della Sala Stampa ribadisce che sulle questioni sino-vaticane non ci sono «difformità» tra il Papa e i suoi collaboratori della Curia Romana. L’intervento serve a rassicurare i cattolici cinesi, smentendo le voci di chi – come il cardinale Zen - vuole accreditare l’idea di un Papa che «non capisce» di questioni cinesi e di un Vaticano che «sta svendendo la Chiesa cattolica in Cina»
Su tutto ciò che riguarda il tormentato dossier Cina-Vaticano, «il Papa è in costante contatto con i suoi collaboratori, in particolare della Segreteria di Stato», e «viene da loro informato in materia fedele e particolareggiata sulla situazione della Chiesa Cattolica in Cina e sui passi del dialogo in corso tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che egli accompagna con speciale sollecitudine». La Santa Sede lo ha voluto ribadire con forza attraverso una dichiarazione diffusa da Greg Burke, direttore della Sala Stampa vaticana. La dichiarazione esprime anche «sorpresa e rammarico» per il fatto che «si affermi il contrario da parte di persone di Chiesa e si alimentino così confusione e polemiche».
Le ultime frasi della dichiarazione, e l’accenno posto in apertura alle «notizie diffuse circa una presunta difformità di pensiero e di azione tra il Santo Padre e i suoi Collaboratori nella Curia Romana in merito alle questioni cinesi», fa capire quale sia l’obiettivo mirato dell’intervento vaticano. La dichiarazione punta a dissipare equivoci e falsi teoremi alimentati negli ultimi giorni intorno ai casi delle diocesi cinesi di Shantou e Mindong, nel quadro dei contatti in corso tra Sede apostolica e governo cinese per trovare un’intesa sulla questione delle nomine episcopali. In ambedue le diocesi citate sono presenti sia un vescovo “clandestino” legittimo, sia un vescovo “patriottico” illegittimo, ordinato con il placet del governo cinese ma senza il mandato apostolico della Santa Sede.
Canali mediatici da sempre mobilitati contro le trattative sino-vaticane hanno riferito che negli ultimi mesi i due vescovi legittimi avrebbero ricevuto da Roma la richiesta di lasciare la guida della diocesi ai due vescovi ordinati illegittimamente, una volta avvenuta la loro legittimazione canonica. Davanti a tale richiesta il vescovo di Shantou, l’87enne Pietro Zhuang Jianjian, avrebbe respinto la richiesta comunicatagli a Pechino da un inviato della Santa Sede(che le “indiscrezioni” giornalistiche suggeriscono essere l’arcivescovo Claudio Maria Celli, da decenni coinvolto nella gestione del complicato dossier sino-vaticano).
Sulla vicenda di Shantou è intervenuto lunedì 29 gennaio il cardinale Joseph Zen, con un lungo messaggio/appello ai «cari amici dei media» nel quale, tra le altre cose, ha rivelato di essersi attivato per affidare direttamente alle Papa Francesco una lettera del vescovo Zhuang. Nel suo lungo intervento, il vescovo emerito di Hong Kong aveva anche riportato il colloquio in cui il Papa gli ha riferito l’indicazione - da lui fornita ai funzionari vaticani - di non creare intorno alla questione della diocesi di Shantou «un nuovo caso Mindszenty». Zen aveva presentato tutta la vicenda di Shantou come un argomento a sostegno degli attacchi da lui sferrati alla Santa Sede in merito al “dossier cinese”. «Forse - aveva scritto Zen - io penso che il Vaticano sta svendendo la Chiesa cattolica in Cina? Sì, decisament e, se essi vanno nella direzione che è ovvia in tutto quello che hanno fatto in questi mesi e anni recenti».
L’obiettivo della campagna articolata intorno al “caso Shantou” è proprio quello di accreditare il clichè – mediaticamente spendibile - di una Santa Sede (e di una Curia romana) che ordina ai vescovi «fedeli» di arrendersi e farsi da parte, pronta a sacrificare i cattolici cinesi pur di inebriarsi di «successi diplomatici» nei rapporti con i leader di Pechino. Per raggiungere lo scopo, la diffusione orchestrata delle indiscrezioni punta anche a insufflare l’idea che la «politica» vaticana sulla Cina non può essere attribuita al «Papa latinoamericano», che «non capisce» di questioni cinesi ed è mal consigliato dai suoi collaboratori.
Si fanno circolare ricostruzioni parziali e manipolate di colloqui e incontri personali, approfittando anche dei criteri di riservatezza a cui la Santa Sede non può non attenersi, quando si trattano questioni delicate come le scelte di coscienza a cui sono chiamati i vescovi nel loro vincolo di comunione con il Successore di Pietro.
Una strategia militante, “ventre a terra”, che rischia di spargere sconcerto e confusione anche in molte comunità della Chiesa in Cina. Davvero – cominciano a chiedersi nelle parrocchie cinesi, davanti ai messaggi veicolati da Zen e dalle agenzie della sua linea - il Papa e la Santa Sede stanno tradendo e abbandonando i cattolici “clandestini”? Il comunicato della Santa Sede sembra quindi rivolto a rassicurare soprattutto i cattolici cinesi, e a proteggerli dagli effetti delle manovre di politica ecclesiastica architettate in Occidente.
(GIANNI VALENTE, lastampa.it)