Nuove modalità delle Visita ad limina...si è trasformata in un incontro aperto

Come è ben noto Papa Francesco ha introdotto numerose e importanti novità che incidono positivamente nella qualità del suo ministero petrino. In passato ci siamo occupati del rapporto del Papa con i Nunzi Apostolici, che riceve sempre e con i quali si intrattiene a lungo per approfondire le sue conoscenze sul paese e sulla Chiesa dove il diplomatico svolge il suo servizio. Ora Francesco, da qualche settimana, ha introdotto un’altra importante innovazione: ha modificato in maniera significativa i suoi incontri con i vescovi che arrivano in Vaticano per la quinquennale Visita ad limina. Fino a poco tempo fa il modello collaudato aveva decenni di vita: incontro del Papa con tutti i membri dell’Episcopato, discorso del Pontefice e infine breve momento conviviale con fotografie.
Ovviamente il centro dell’incontro era il discorso del Papa preparato con largo anticipo, sottoposto a numerosi controlli e revisioni e in buona misura discusso con i vertici dell’Episcopato (in visita) e della Curia. La locuzione del Papa diventava quindi una sorta di istantanea molto approfondita della vita di quella chiesa particolare di cui i pastori in Vaticano, per diversi giorni, avevano riferito. 

Ora non è più così. Il discorso del Pontefice all’Episcopato in visita è scomparso, l’Udienza formale e protocollare si è trasformata in un incontro aperto che non segue un’agenda prestabilita, senza tempi pressanti, il cui centro è lo scambio di vedute, domande, informazioni e chiarimenti fra il Papa e i suoi confratelli venuti a Roma e riuniti assieme a lui. Sono già diversi gli Episcopati che hanno sperimentato questa novità e tutti i presuli sono usciti molto soddisfatti e contenti, confermando le impressioni positive in diverse interviste (è accaduto così per i vescovi di Irlanda, Laos, Cambogia, Serbia, Kosvo, Montenegro). 


Prima di questo rilevante cambiamento il Papa, in moltissime occasioni, aveva già scelto una via di mezzo fra il vecchio e il nuovo modello della Visita: consegnare il discorso considerandolo pronunciato e occupare il tempo per scambiare informazioni e idee, per fare domandare o rispondere a dubbi senza schemi prestabiliti e formalità protocollari limitanti.

Noi, in questi giorni, abbiamo incontrato vescovi appartenenti a tre conferenze episcopali che recentemente hanno vissuto col Papa la nuova modalità della Visita ad limina apostolorum: Costa Rica, Cile, El Salvador. Da queste conversazioni abbiamo potuto comprendere la loro grande sorpresa, seppur i protagonisti fossero già a conoscenza delle modifiche apportate alla visita. Trovarsi seduti in cerchio con al centro il Papa che anima con grande vitalità e curiosità il dialogo collettivo ha colpito la stragrande maggioranza di questi vescovi, molti dei quali in passato avevano sperimentato la precedente formula di questi incontri. 


Secondo la testimonianza di un vescovo cileno il Papa appariva loro come un altro confratello vescovo del Paese, facendo cadere ogni tipo di distanza e timore reverenziale. Si aggiunga che più di una volta, secondo altre partecipanti, Papa Francesco ha insistito sulla parresia, cioè l’invito a parlare con chiarezza e senza timore. Un presule del Costa Rica ha ricordato che Papa Francesco si era con ogni evidenza preparato molto bene, poiché le sue domande sulla chiesa locale e sulla situazione complessiva del paese non solo erano pertinenti ma anche ben fondate. Racconti simili gli abbiamo potuti leggere in questi giorni da parte di alcuni vescovi de El Salvador.
L’impressione complessiva che si ricava da queste testimonianze è quella di una grande empatia e comunione del vescovo di Roma con i confratelli di tutto il mondo, chiamati periodicamente a visitare la Sede Apostolica, per informare i responsabili dei diversi dicasteri e incontrare infine il Papa, con il quale si tiranno le somme. Secondo un vescovo cileno questa modalità è stata percepita come un vero, profondo e autorevole atto di governo e molti vescovi, una volta rientrati in patria, hanno raccontato alle loro diocesi ciò che hanno vissuto in Vaticano incontrando il successore di Pietro, che in certo modo - ha detto un presule irlandese - ha voluto entrare nel cuore della nostra chiesa diventando un "vescovo irlandese".


Ci sembra di poter dire che questa novità inciderà notevolmente nella qualità del ministero e del magistero di Papa Francesco; alla fine di questi incontri - che in alcuni casi sono stati più di uno, come quello con i vescovi cileni - e che complessivamente sono durati alcune ore, al Pontefice è sempre pervenuta un’informazione di prima mano completa, approfondita e nata da un dialogo spontaneo e sinceramente dedito a far conoscere meglio al Santo Padre ciò che accade realmente nelle diocesi lontane dal colle Vaticano. In alcuni casi, in queste settimane, i vescovi del Paese hanno discusso alla presenza del Papa le loro differenze di vedute, le loro valutazioni diverse su differenti questioni e in non pochi momenti hanno elaborato collettivamente risposte immediate alle richieste del Pontefice. 


Il Direttorio della Congregazione dei vescovi, pubblicato nel 1988, sottolinea che le Visite ad limina non sono un "semplice atto giuridico-amministrativo consistente nell'assolvimento di un obbligo rituale, protocollare e giuridico". Queste Visite, aggiunge,  portano un "arricchimento di esperienze" al ministero del Papa e al suo "servizio di illuminare i gravi problemi della Chiesa e del mondo", diversi a seconda dei "luoghi, dei tempi e delle culture". Per s. Giovanni Paolo II disse que le Visita ad limina costituiscono un'occasione privilegiata di comunione pastorale: il dialogo pastorale con ciascuno di voi mi consente di partecipare alle ansie e alle speranze che si vivono nelle Chiese da voi guidate in atteggiamento di ascolto per i suggerimenti dello Spirito" (26 febbraio 1986). Papa Benedetto XVI ricordò anni fa: "Le visite ad limina, che ci sono sempre state, vengono ora valorizzate molto di più, per parlare veramente con tutte le istanze della Santa Sede e anche con me. Io parlo personalmente con ogni singolo vescovo. (...) In questi incontri, in cui appunto centro e periferia si incontrano in uno scambio franco, cresce il corretto rapporto reciproco in una tensione equilibrata". (5 agosto 2006).

(Il Sismografo - Luis Badilla - Francesco Gagliano - ©copyright



Nota storica.

Con l'espressione visita ad limina (Ad limina apostolorum) si intende indicare l'incontro che, ogni cinque anni, i vescovi di tutto il mondo hanno in Vaticano con il Papa per illustrare quali siano le particolarità che contraddistinguono la loro Regione ecclesiastica dal punto di vista religioso, sociale e culturale, quali siano i nodi maggiormente problematici dal punto di vista pastorale e culturale e come interviene la Chiesa "particolare" su questi problemi.


La prima visita ad limina è evidenziata nella lettera di san Paolo ai Galati (1,18):
« In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni. (Gal 1,18) »


Durante questa visita, Paolo ebbe modo di illustrare a Pietro (e a Giacomo) le difficoltà incontrate nell'evangelizzazione in alcune zone della Giudea. Questo può essere considerato il primo incontro di aiuto reciproco e di confronto su tematiche particolari.


Per quanto riguarda l'espressione ad limina apostolorum, risale ai primi secoli della storia della Chiesa; infatti, nel linguaggio canonico, con limina apostolorum erano indicate le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e quindi le visite ad limina erano tutti quei pellegrinaggi compiuti dai fedeli che avevano come meta quelle stesse tombe. Lo stesso termine indicò la visita che tutti i vescovi dovevano fare a Roma, secondo quanto stabilito nel Concilio di Roma, nel 745, sotto papa Zaccaria.


Nel corso dei secoli tale pratica si andò affievolendo, ritrovando vigore solo nel 1585, sotto papa Sisto V che, con la costituzione Romanus Pontifex del 20 dicembre, ripristinò l'obbligo di tali visite dandogli cadenza triennale; le "visite" vennero riconfermate successivamente da papa Benedetto XIV con la costituzione Quod sancta del 23 novembre 1740.


Nel 1909, con il decreto della Congregazione concistoriale A remotissima (31 dicembre), la cadenza delle visite ad limina apostolorum fu portata a 5 anni (10 per gli Ordinari delle sedi extraeuropee), e fu stabilito che vi erano tenuti non solo i vescovi diocesani, ma anche tutti i soggetti ad essi equiparati (prelati e abati territoriali, amministratori e vicari apostolici). Nel 1975, la Congregazione per i vescovi riordinò ulteriormente le "visite" con il decreto Ad Romanam Ecclesiam del 29 giugno, ridistribuendo le zone per i quinquenni.


Nel Codice di diritto canonico del 1983 le visite ad limina apostolorum sono prescritte da due canoni (399 e 400):
« Il Vescovo diocesano è tenuto a presentare ogni cinque anni una relazione al Sommo Pontefice sullo stato della diocesi affidatagli, secondo la forma e il tempo stabiliti dalla Sede Apostolica. (...) Il Vescovo diocesano nell'anno in cui è tenuto a presentare la relazione al Sommo Pontefice, se non è stato stabilito diversamente dalla Sede Apostolica, si rechi nell'Urbe per venerare le tombe dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e si presenti al Romano Pontefice.» (Wikipedia)