(Marco Burini) Ironia della storia. Adesso che abbiamo un papa che non pontifica dobbiamo sorbirci qualche "prelato" della Sacra Congregazione dei Media che gli fa il verso. Ieri sera in un tg di prima serata un noto anchorman ha fatto la predica a Bergoglio e Marino: “Ma parlatevi, dopotutto siete a Roma entrambi… una polemica del tutto insensata”. Oggi, nella sua omelia mattutina, un brillante editorialista sparge sarcasmo su un papa che infierisce senza “misericordia” sul derelitto sindaco di Roma, poi non resiste alla tentazione di affibbiare a Bergoglio la fatidica malizia “gesuitica” e chiude con un pizzico di disgusto: che brutto vedere un papa nel “retrobottega”.
E un altro commentatore ricama i suoi preziosi barocchismi su una scomunica che in realtà è un equivoco. Eppure, commenti a parte, tutti i giornali italiani spendono pagine e pagine di analisi su un dettaglio marginale della conferenza stampa del papa di ritorno dagli Stati Uniti.
E nessuno che si chiede perché Bergoglio abbia reagito in maniera così secca alla domanda. Anzi, se lo saranno pure chiesto ma la risposta è stata, questa sì, da retrobottega, molto “italiana”. Due anni e mezzo, a quanto pare, non sono bastati – nemmeno ai vaticanisti, purtroppo – per cambiare approccio ed entrare nel gioco della conversazione con Francesco, tanto semplice quanto esigente.
O anche solo per conoscere la sua storia. Un uomo che ha vissuto negli anni della dittatura argentina in cui non potevi fidarti di nessuno, nemmeno del tuo confratello; uno che per anni ha vissuto nell’angoscia per ogni singola parola che – dato il suo ruolo prima di capo dei gesuiti e poi di vescovo – doveva pronunciare in pubblico; uno che ha imparato a sorvegliare gesti e parole per tenere unito il gregge e non scandalizzarlo – ecco perché non dava mai a nessun politico la comunione, a costo di sembrare freddo (già, perché il Francesco pieno di buonumore e di serenità di oggi non è esattamente identico al Bergoglio severo e schivo di due anni e mezzo fa).
E adesso arrivano questi arguti professionisti della comunicazione a fare domande senza spessore o prediche di scarsa qualità, senza capire perché abbia reagito in quel modo. Sono sicuro che se il grande anchorman avesse messo la metà dell’impegno che spende a decifrare i sondaggi politici e il brillante editorialista avesse usato solo un po’ dell’acribia che mette nel parlare della squadra del cuore, certe cose non le avremmo né sentite né lette. Ma, chissà perché, di chiesa e dintorni può (stra)parlare chiunque.
Forse non vale la pena di occuparsi di questo “banale tormentone”, come lo ha definito il direttore di questo blog. O forse sì, quantomeno per capire come si è ridotta la comunicazione, sempre più tronfia e vacua. Una bolla, una sfera che risucchia ogni cosa, a partire dai cervelli degli addetti ai lavori. Io non so quanto ci sia di pigrizia e quanto di malafede, ma lo spettacolo (è la parola giusta, una volta tanto) è deprimente. Francesco è stretto tra vaticanisti e opinionisti – quorum ego. Grazie al cielo la gente, anzi il popolo, lo capisce al volo. Si vede che la sfera è porosa.
(Dal Sismografo - 29 settembre 2015)
E un altro commentatore ricama i suoi preziosi barocchismi su una scomunica che in realtà è un equivoco. Eppure, commenti a parte, tutti i giornali italiani spendono pagine e pagine di analisi su un dettaglio marginale della conferenza stampa del papa di ritorno dagli Stati Uniti.
E nessuno che si chiede perché Bergoglio abbia reagito in maniera così secca alla domanda. Anzi, se lo saranno pure chiesto ma la risposta è stata, questa sì, da retrobottega, molto “italiana”. Due anni e mezzo, a quanto pare, non sono bastati – nemmeno ai vaticanisti, purtroppo – per cambiare approccio ed entrare nel gioco della conversazione con Francesco, tanto semplice quanto esigente.
O anche solo per conoscere la sua storia. Un uomo che ha vissuto negli anni della dittatura argentina in cui non potevi fidarti di nessuno, nemmeno del tuo confratello; uno che per anni ha vissuto nell’angoscia per ogni singola parola che – dato il suo ruolo prima di capo dei gesuiti e poi di vescovo – doveva pronunciare in pubblico; uno che ha imparato a sorvegliare gesti e parole per tenere unito il gregge e non scandalizzarlo – ecco perché non dava mai a nessun politico la comunione, a costo di sembrare freddo (già, perché il Francesco pieno di buonumore e di serenità di oggi non è esattamente identico al Bergoglio severo e schivo di due anni e mezzo fa).
E adesso arrivano questi arguti professionisti della comunicazione a fare domande senza spessore o prediche di scarsa qualità, senza capire perché abbia reagito in quel modo. Sono sicuro che se il grande anchorman avesse messo la metà dell’impegno che spende a decifrare i sondaggi politici e il brillante editorialista avesse usato solo un po’ dell’acribia che mette nel parlare della squadra del cuore, certe cose non le avremmo né sentite né lette. Ma, chissà perché, di chiesa e dintorni può (stra)parlare chiunque.
Forse non vale la pena di occuparsi di questo “banale tormentone”, come lo ha definito il direttore di questo blog. O forse sì, quantomeno per capire come si è ridotta la comunicazione, sempre più tronfia e vacua. Una bolla, una sfera che risucchia ogni cosa, a partire dai cervelli degli addetti ai lavori. Io non so quanto ci sia di pigrizia e quanto di malafede, ma lo spettacolo (è la parola giusta, una volta tanto) è deprimente. Francesco è stretto tra vaticanisti e opinionisti – quorum ego. Grazie al cielo la gente, anzi il popolo, lo capisce al volo. Si vede che la sfera è porosa.
(Dal Sismografo - 29 settembre 2015)