Giustizia climatica. Il rapporto tra diritti umani e sviluppo sostenibile

Questo è un anno importantissimo per il futuro del nostro pianeta. La comunità scientifica è stata categorica nel dire che uno dei maggiori pericoli che minacciano il futuro dell’umanità e il mondo è il cambiamento climatico.
Il Cile ha già cominciato a subirne le conseguenze negative, come ha dimostrato la recente alluvione verificatasi nel nord desertico del Paese, che ha colpito migliaia di persone. Ed è certamente su questo, sulle persone, che si devono focalizzare gli attuali negoziati per raggiungere un accordo che stabilisca un ambito di cooperazione internazionale giusto ed efficace, in vista della XXI Conferenza delle parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (cop21), che si terrà a Parigi alla fine dell’anno.
 Come ha indicato la presidente Michelle Bachelet in occasione del vertice sul clima di New York, a settembre dello scorso anno, anche se le conseguenze del cambiamento climatico sono evidenti nella sfera ambientale, è sulla sua dimensione sociale che gli Stati devono fissare la loro attenzione, trattandosi di un fenomeno che indubbiamente acuisce le disuguaglianze. Sappiamo che il cambiamento climatico aggrava le strutture d’iniquità nella nostra società, colpendo con maggiore forza i settori più vulnerabili come i bambini, le donne, gli anziani e le popolazioni autoctone, che peraltro sono quelli che meno contribuiscono al riscaldamento globale. Per questo motivo riteniamo che l’equità e la giustizia debbano essere gli assi centrali di qualsiasi azione.
 Il Cile aderisce quindi al concetto di giustizia climatica, che stabilisce un rapporto tra diritti umani e sviluppo sostenibile. In questo modo si riconosce la centralità della dignità della persona riflessa nel rispetto e nella protezione dei diritti umani in modo da condividere sia gli oneri che i benefici derivanti dal cambiamento climatico.
 È quindi necessario riconoscere i contributi della scienza, la centralità del principio di responsabilità comuni ma differenziate, l’importanza della leadership che deve assumere chi ha maggiori capacità. Allo stesso modo si devono riconoscere la necessità di generare processi decisionali aperti e partecipativi e il potere trasformatore dell’educazione, sia nella presa di coscienza del fenomeno sia nel ruolo che esso può svolgere nell’introduzione di cambiamenti nei modelli di produzione e di consumo. Riteniamo che tutto questo sia un contributo molto importante per continuare ad avanzare verso l’adozione di un nuovo regime climatico.
 In tal senso la cop21 costituisce una grande opportunità per raggiungere un accordo vincolante, duraturo, ambizioso e giusto, con regole chiare e trasparenti.
 Come altre Nazioni in via di sviluppo, il Cile registra livelli marginali di emissione di gas a effetto serra. Ci siamo tuttavia impegnati a essere parte della soluzione del problema attraverso azioni concrete. Abbiamo volontariamente deciso di ridurre di un venti per cento le nostre emissioni entro il 2020 e stiamo lavorando insieme al nostro settore privato, a quello accademico e alla società civile per presentare prima della cop21 i nostri contributi determinati a livello nazionale.
 Abbiamo un obiettivo chiaro. Si tratta di tracciare un cammino di sviluppo che allo stesso tempo si erga a opportunità per ottenere una società più giusta e prospera.
 Infine, rendiamo omaggio agli sforzi del Papa per offrire una visione umanistica, convinti che la sua prossima enciclica sul rapporto tra l’ecologia e l’essere umano sarà una guida molto importante per avanzare in tutti questi campi.

(Heraldo Muñoz, Ministro degli Affari esteri del Cile)
L'Osservatore Romano, 5 maggio 2015