Chiesa Latinoamericana difende i popoli indigeni


Tre vescovi latinoamericani (Brasile, Perù e Guatemala), in rappresentanza delle 22 Conferenze episcopali della regione, coordinate dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam), parleranno davanti ai membri della Commissione Interamericana dei Diritti umani dell'OSA (Organizzazione degli Stati Americani/OEA) per perorare la causa dei popoli dell'Amazzonia e dell'America Centrale che affrontano la medesima grave sfida: la presenza incontrollata di industrie nazionali e multinazionali che sfruttano le risorse naturali con conseguenti, rilevanti, a volte irreversibili, danni all'abitat, all'ambiente e alle popolazioni stesse.

A Washington, mons. Pedro Barreto, arcivescovo di Huancayo (Perù), Presidente del Dipartimento Giustizia e solidarietà del Celam, mons. Roque Paloschi, vescovo di Roraima (Brasile) e  mons. Álvaro Ramazzini, vescovo di Huehuetenango (Guatemala), illustreranno all'organismo interamericano gli scopi della REPAM, Rete Pan Amazzonia, recentemente creata e presentata in una conferenza stampa in Vaticano.
Mons. Barreto ha ricordato che lo "spazio amazzonico" del quale si parla copre un area di 6 milioni di km2 e all'interno dei suoi confini vivono almeno 35 milioni di latinoamericani. In questi territori, per molti anni, attività economiche legali e meno legali come  i "garimpeiros" (cercatori di pietre e metalli preziosi) hanno esercitato ogni tipo di violenza omicida. Spesso hanno pagato con la propria vita operatori pastorali, sacerdoti, religiose (come le sorelle Dorothy, trucidate nel 2005) e catechisti, ma anche numerosi attivisti ambientalisti. Nel 2012 sono stati uccisi nel mondo 147 attivisti e 36 sono stati trucidati in Brasile; Paese dove mons. Erwin Kräutler, vescovo di Xingú, minacciato di morte a più riprese, vive sotto la protezione di una scorta speciale.