Le minoranze religiose in Pakistan, per lo più cristiane, sono schiavizzate nelle fornaci di mattoni e sono vittime dell’abuso della legge anti-blasfemia. Per denunciare questa realtà e portarla all’attenzione della comunità internazionale, prima che termini il semestre di presidenza italiana in Europa, oggi un gruppo di parlamentari di Pd, Udc, Scelta civica e Lega nord si è impegnato con la firma di una mozione speciale sulla libertà religiosa. L’iniziativa è promossa dall’Associazione Pakistani Cristiani in Italia in collaborazione con l'on. Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Gli ultimi schiavi cristiani preseguitati in Pakitsan che l’opinione pubblica ha conosciuto sono stati Shama e Shahzad Masih, sposi arsi vivi nella fornace della fabbrica di mattoni, dove lavoravano in condizioni disumane, da una folla di musulmani, con l’accusa di blasfemia. E’ l’ennesima esecuzione sommaria, l’ennesima facile formulazione di un’accusa senza prove di volontarietà, una scusa per perseguitare le minoranze cristiane - nel 2013 su 32 casi di blasfemia 12 riguardavano proprio questa comunità. “Non si può più tacere”, dice il fondatore dell’Associazione cristiani pakistani, Shahid Mobeen:
“Vorrei sottolineare l’implicito consenso di qualsiasi governo che ci sia stato dopo l’introduzione della legge sulla blasfemia, in quanto nessuno ha voluto cambiare la legge sulla blasfemia, per cui in realtà acconsente a questo tipo di abuso”.
Si uccide con la scusa della religione, non è accettabile, incalza mons Enrico dal Covolo, rettore dell'Università Lateranense:
“Non si può parlare di religione, quando si uccidono o si torturano le persone. Religione è rapporto tra Dio e l’uomo. Ma un Dio che voglia che siano calpestati i diritti degli uomini non esiste proprio. Quindi, è pretestuoso riferirsi alla religione quando si compiono violenze”.
Ma il caso di Shama e Shahzad grida anche lo scandalo di una schiavitù, quella dei lavoratori delle fornaci di mattoni - il 68% sono cristiani - ridotti in condizioni disumane perché chi presta loro soldi per vivere, in cambio li sfrutta in questa maniera. In tutto, sono 10 milioni in Pakistan, il 40% minorenni. Ancora Shahid Mobeen:
“La schiavitù dei cristiani del Pakistan, una realtà per niente posta alla visibilità internazionale, perché la realtà è oscura a tal punto, nel centrosud del Pakistan, che nessuno ha il coraggio di parlarne. Perché parlandone, di questa situazione, si rischia la propria vita”.
Due emergenze, dunque, che sorreggono la mozione sulla libertà religiosa, firmata da numerosi parlamentari che intendono portarla all’attenzione dell’Unione Europea:
“E’ necessario che l’Italia, come governo, e la comunità internazionale nei rapporti bilaterali con il Pakistan, propongano provvedimenti secondo i quali il Pakistan, per poter mantenere il rapporto commerciale e economico, debba prima di tutto provvedere alla protezione delle minoranze religiose”.
“Occorre fare presto”, dice una dei firmatari, l’on. Paola Binetti dell’Udc:
“L’importanza di questa mozione è quella di mettere al centro dell’attenzione di tutti come la libertà religiosa sia il diritto dei diritti. Quindi, noi vogliamo incalzare nella concretezza il governo anche semplicemente a calendarizzare questa mozione e a discuterla, prima che finisca il semestre europeo, perché è chiaro che abbiamo una chance in più”.
(Radio Vaticana)
Gli ultimi schiavi cristiani preseguitati in Pakitsan che l’opinione pubblica ha conosciuto sono stati Shama e Shahzad Masih, sposi arsi vivi nella fornace della fabbrica di mattoni, dove lavoravano in condizioni disumane, da una folla di musulmani, con l’accusa di blasfemia. E’ l’ennesima esecuzione sommaria, l’ennesima facile formulazione di un’accusa senza prove di volontarietà, una scusa per perseguitare le minoranze cristiane - nel 2013 su 32 casi di blasfemia 12 riguardavano proprio questa comunità. “Non si può più tacere”, dice il fondatore dell’Associazione cristiani pakistani, Shahid Mobeen:
“Vorrei sottolineare l’implicito consenso di qualsiasi governo che ci sia stato dopo l’introduzione della legge sulla blasfemia, in quanto nessuno ha voluto cambiare la legge sulla blasfemia, per cui in realtà acconsente a questo tipo di abuso”.
Si uccide con la scusa della religione, non è accettabile, incalza mons Enrico dal Covolo, rettore dell'Università Lateranense:
“Non si può parlare di religione, quando si uccidono o si torturano le persone. Religione è rapporto tra Dio e l’uomo. Ma un Dio che voglia che siano calpestati i diritti degli uomini non esiste proprio. Quindi, è pretestuoso riferirsi alla religione quando si compiono violenze”.
Ma il caso di Shama e Shahzad grida anche lo scandalo di una schiavitù, quella dei lavoratori delle fornaci di mattoni - il 68% sono cristiani - ridotti in condizioni disumane perché chi presta loro soldi per vivere, in cambio li sfrutta in questa maniera. In tutto, sono 10 milioni in Pakistan, il 40% minorenni. Ancora Shahid Mobeen:
“La schiavitù dei cristiani del Pakistan, una realtà per niente posta alla visibilità internazionale, perché la realtà è oscura a tal punto, nel centrosud del Pakistan, che nessuno ha il coraggio di parlarne. Perché parlandone, di questa situazione, si rischia la propria vita”.
Due emergenze, dunque, che sorreggono la mozione sulla libertà religiosa, firmata da numerosi parlamentari che intendono portarla all’attenzione dell’Unione Europea:
“E’ necessario che l’Italia, come governo, e la comunità internazionale nei rapporti bilaterali con il Pakistan, propongano provvedimenti secondo i quali il Pakistan, per poter mantenere il rapporto commerciale e economico, debba prima di tutto provvedere alla protezione delle minoranze religiose”.
“Occorre fare presto”, dice una dei firmatari, l’on. Paola Binetti dell’Udc:
“L’importanza di questa mozione è quella di mettere al centro dell’attenzione di tutti come la libertà religiosa sia il diritto dei diritti. Quindi, noi vogliamo incalzare nella concretezza il governo anche semplicemente a calendarizzare questa mozione e a discuterla, prima che finisca il semestre europeo, perché è chiaro che abbiamo una chance in più”.
(Radio Vaticana)