Battaglia legale dopo la condanna a morte di una coppia di cristiani per SMS blasfemi


PAKISTAN, Lahore (Agenzia Fides) – Nuove condanne a morte per blasfemia e nuove battaglie legali toccano la comunità cristiana in Pakistan: una coppia di cristiani, lui disabile, lei cameriera, entrambi analfabeti, sono stati condannati a morte il 4 aprile per supposta “blasfemia via sms”. I due erano stati arrestati a Gojra nel luglio 2013 (vedi Fides 23/7/2013). La condanna – che giunge dopo quella dei giorni scorsi di Sawan Masih – ha generato sconcerto e amarezza nella comunità cristiana, mentre gli avvocati hanno già annunciato che presenteranno appello contro il verdetto.
P. Aloysius Roy, Superiore della provincia pakistana dei missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), commenta a Fides: “Siamo seriamente preoccupati. Casi come questi sono frequenti e provocano grande sofferenza. Continuiamo a pregare, mentre la questione resta senza soluzione. Manifestiamo solidarietà con gli accusati, ma i cristiani mantengono un profilo basso, in quanto la vita è piena di difficoltà e insidie e per noi il primo comandamento è sopravvivere. I cristiani hanno paura e si muovono con estrema prudenza”. Gli OMI curano in Pakistan complessivamente 10 parrocchie in 4 diocesi, e “le sfide che vivono sono soprattutto le ingiustizie che ogni giorno constatiamo a danno dei fedeli cristiani”. Il Superiore prosegue: “Dal governo ci aspettiamo il rispetto della legalità, dello stato di diritto e della libertà di culto, prevista nella Costituzione”.
Come conferma a Fides Farrukh Saif, responsabile dell’Ong “World Vision in Progress” (WVIP), una coppia di cristiani, Shafqat Emmanuel, disabile, e sua moglie, Shagufta Kausar, sono stati condannati a morte il 4 aprile da un tribunale di Toba Tek Singh per l’accusa di blasfemia: l’accusa è l’invio dei messaggi di testo blasfemi. I due hanno quattro figli minorenni, dei quali ora si prende cura l’Ong WVIP. Come riferito a Fides, le prove dell’innocenza dei due sono di fatto molto chiare: la scheda Sim da cui sono partiti i messaggi non è registrata a nome delle vittime. E non c’è alcuna prova che siano stati loro a inviarli. Inoltre, essendo i due analfabeti, non erano in grado di inviare alcun messaggio in lingua inglese, come erano quelli blasfemi. Gli avvocati hanno annunciato il ricorso all’Alta Corte. (PA) (Agenzia Fides 7/4/2014)