Prendendo spunto dall’esortazione di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, mons. Bo invita a “vedere il mondo con gli occhi dei poveri e dei più vulnerabili”, chiedendosi chi sono costoro in terra birmana: “Sono i rifugiati birmani in Malaysia, Thailandia, India. La nostra è una nazione con tremi milioni di rifugiati e sfollati che hanno bisogno della nostra cura”, afferma.
Altra realtà da considerare è la tratta di esseri umani, in una nazione piagata dal fenomeno: “I nostri giovani sono venduti in forme moderne di schiavitù, per il commercio del sesso o del lavoro”. Occorre dare attenzione, poi, ai giovani toccati da droga e Aids: “In molti villaggi e città, la generazione dei giovani manca del tutto: sugli altari dell’avarizia, i signori della droga hanno sacrificato i nostri giovani”.
Un problema che interpella i cristiani – nota la lettera – è la confisca delle terre : “I ricchi che vivevano opprimendo il popolo, durante il regime militare, continuano a banchettare con le viscere dei poveri. Noi, come cristiani, siamo fra le vittime del land grabbing”.
La denuncia del Vescovo tocca un punto chiave: “Come Chiesa oggi chiediamo al governo la restituzione delle nostre terre e scuole. La Chiesa ha fatto un ottimo lavoro nel campo dell'istruzione e della sanità. Molte scuole in Myanmar sono state avviate dai cristiani. Non riconoscendo tale prezioso contributo, l'ex regime ha confiscato le nostre proprietà e le nostre scuole. Per contribuire allo sviluppo della nazione, chiediamo tali strutture ritornino a noi. E’ un nostro diritto culturale”. Il testo conclude: “C'è una nuova speranza in Myanmar. Uniamoci nel servire la nostra patria. L'unità dei cristiani non è solo all'interno delle chiese, o nei discorsi teologici, ma per un nuovo Myanmar”. (PA) (Agenzia Fides 20/1/2014)