Francesco: così la gioia del Vangelo può riformare la Chiesa


VATICANO, Città del Vaticano, Poteva essere una «semplice» esortazione apostolica post- sinodale, come tante altre. Papa Francesco ne ha fatto un documento-chiave del suo pontificato. La road map che suggerisce le «vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» . Quasi la profezia di un rinnovamento profondo proposto a tutti i cristiani. Un testo operativo, impetuoso, destinato a scuotere tutte le istanze e a tutte le dinamiche della compagine ecclesiale, con l’invito pressante a emanciparsi da tutto ciò che fa velo alla missione di annunciare il cuore palpitante del Vangelo tra gli uomini d’oggi, così come sono.

All’inizio di tutto c’è la gioia del Vangelo. O meglio, la «alegrìa del Evangelio», come è intitolata la versione originale in castigliano. «La gioia del Vangelo» si legge nelle prime righe dell’esortazione «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». Mentre «il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Anche molti credenti cadono in questo rischio, «e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita». Mentre «quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte».

Sperimentare e proporre agli altri la salvezza gioiosa donata da Cristo risorto e i mezzi di cui Lui si serve è  la vocazione di tutti i cristiani e la ragion d’essere propria della Chiesa. L’esperienza dell’incontro personale con Cristo è «la sorgente dell’azione evangelizzatrice». Se qualcuno «ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita» chiede Papa Bergoglio «come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?». Per questo l’evangelizzazione non può mai essere intesa come «un eroico compito personale, giacché l’opera è prima di tutto sua (…). Gesù è “il primo e il più grande evangelizzatore”. In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio» .

Se la missione propria dei cristiani è quella di annunciare la gioia del Vangelo, lo scopo configura  anche le forme e i modi in cui essa avviene. Tutti «hanno il diritto di ricevere il Vangelo». Per questo – scrive Papa Francesco - «i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”». Quella del vangelo è una gioia missionaria «che ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare di nuovo, sempre oltre». La comunità evangelizzatrice si immerge «nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario», Essa «accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania».

L’intento dichiarato dell’esortazione apostolica è «proporre alcune linee che possano incoraggiare e orientare in tutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice, piena di fervore e dinamismo». In questo percorso proposto a tutti – premette l’attuale vescovo di Roma - «non è opportuno che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione». Nondimeno, la «trasformazione missionaria della Chiesa» prefigurata dal Bergoglio passa attraverso un rinnovamento ecclesiale definito «improrogabile». Si tratta di avventurarsi con tutta la Chiesa «in una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione”».

Il criterio guida del rinnovamento non è una particolare teologia o linea di pensiero ecclesiale, ma «una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione».

La pastorale ordinaria, le parrocchie, i movimenti, la gerarchia sono invitati a porsi atteggiamento di “uscita”. Lo stesso esercizio del ministro petrino, secondo Papa Francesco, viene coinvolto nel dinamismo del rinnovamento “in chiave missionaria”: Bergoglio annuncia anche una «conversione del papato», per renderlo «più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione». E parla dell'intenzione di decentralizzare, valorizzando le conferenze episcopali e attribuendo loro «anche qualche autentica autorità dottrinale» dato che «un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria». (GIANNI VALENTE, 26/11/2013)